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Evonimus europaeus Carsulae Santa Maria in Rupino



NATURA

GEOLOGIA

FLORA

FAUNA

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GEOLOGIA: I Monti Martani presentano una varietà di caratteri geomorfologici ed idrogeologici e contatti litologici di particolare interesse, tipici dell'evoluzione tettonica dell'area. La sua struttura originaria è un anticlinale a sommità piatta con il fianco orientale rovesciato e sovrascorso. Presenta terreni sedimentari di origine marina facenti parte della serie calcarea e terrigena Umbra con litotipi che vanno dai calcari ad Avicula contorta del Retico (circa 200 milioni di anni di età) alla formazione flyschoide della Marnoso Arenacea (circa 20 milioni di anni di età). L'alto grado di permeabilità delle rocce calcaree e la presenza di un complesso sistema di faglie ha permesso l'instaurarsi di una circolazione idrica sotterranea profonda e complessa. L'abbondanza di sali carbonatici e di anidride carbonica presenti nelle acque sotterranee, ha consentito la deposizione di formazioni travertinose che caratterizzano il bordo occidentale della catena montuosa. Lungo questo bordo travertinoso sono presenti importanti sorgenti minerali e medio - minerali con acque bicarbonato - alcalino - terrose (Sangemini, Fabia, San Faustino, Amerino, Furapane).

FLORA: i boschi ed i prati che ammantano i Monti Martani comprendono gran parte delle caratteristiche floristiche e vegetazionali dell'intero territorio umbro, tanto che potremmo definire l'area come un immenso "orto botanico". I boschi sempreverdi, caratterizzati soprattutto dal Leccio (Quercus ilex) contengono altre interessanti sclerofille, tra i quali meritano di essere segnalati:  il Corbezzolo (Arbutus unedo), il Terebinto (Pistacia therebintus), il Lentisco (Pistacia lentiscus), l'Erica (Erica multiflora), la Fillirea (Phillyrea variabilis), il Pino d'Aleppo (Pinus halepensis). Quest'ultima specie è presente soprattutto nel settore sud - orientale della catena montuosa, in modo particolare nella Valle del Serra dove si accompagna alla spogliante Roverella (Quercus pubescens) con sottobosco di cisti (Cistus salvifolius, Cistus incanus), eriche, ginestre e diverse specie poco frequenti in altre località appenniniche e meritevoli di rigoroso rispetto, come la graziosa Cornetta di Valenza (Coronilla valentina). I boschi di caducifoglie più estesi sono quelli a Roverella che contengono numerose altre specie arboree ed arbustive: Cerro (Quercus cerris), Orniello (Fraxinus ornus), Prugnolo (Prunus spinosa, Albero di giuda (Cercis siliquastrum), Carpino nero (Ostrya carpinifolia), sorbi (Sorbus domestica, Sorbus aria, Sorbus torminalis), Melo selvatico (Malus sylvestris), ecc.  Nelle zone più fresche (in modo particolare nei luoghi più elevati)  prevalgono i boschi di Cerro (Quercus cerris, un'altra quercia spogliante presente anche con esemplari giganteschi) all'interno dei quali si rinvengono il bellissimo Acero napoletano (Acer obtusatum), sorbi, carpini, ecc.. Un'altra formazione boschiva che ammanta principalmente le zone meno elevate (soprattutto quelle rivolte a settentrione) è costituita dal'associazione tra Carpino nero ed Orniello. Salendo verso le cime più alte, soprattutto nei luoghi esposti a Nord, s'incontrano splendidi boschi di faggio (Fagus sylvatica) ospitanti alcune essenze arboree ed arbustive già menzionate (soprattutto Acero napoletano e Cerro) ed interessanti specie erbacee del sottobosco (Scilla bifolia, Dentaria enneaphyllos, Daphne laureola, ecc.).Lungo i torrenti sono presenti bocaglie igrofile composte in prevalenza dal Salice ripaiolo (Salix elaegnos), dal Salice bianco (Salix alba), dal Salice rosso (Salix purpurea) e dai pioppi (Populus alba, Populus nigra). I prati-pascoli, presenti generalmente sulle sommità dei principali rilievi martani, in primavera assumono un fascino particolare per le bellissime fiorite che si possono ammirare, composte da numerosississime specie, alcune delle quali rare ed endemiche e quindi meritevoli di protezione. Tra queste segnaliamo diverse varietà di orchidee, il Tulipano montano (Tulipa australis), la Bivonea di Savi (Jonopsidium savianum), il Giglio rosso (Lilium bulbiferum, subsp. croceum), la Viola di Eugenia (Viola eugeniae).

 

 

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FAUNA: i mammiferi sono gli animali più difficili da osservare, ragion per cui agli occhi dei non specialisti possono risultare quasi assenti. Osservando però con attenzione il terreno, si possono scoprire numerose testimonianze del loro passaggio: impronte, ciuffi di pelo, escrementi, ecc. Le tracce più facili da scoprire sono quelle lasciate dall'Istrice (Hystrix cristata). Altri abitatori abbastanza frequenti dei Monti Martani sono gli Scoiattoli (Sciurus vulgaris, le Volpi (Vulpes vulpes), le Donnole (Mustela nivalis), le Faine (Martes foina), i Tassi (Meles meles). Gli uccelli stanziali ed i migratori che abitano stagionalmente i Monti Martani sono molto numerosi. Tra le specie più prestigiose occupano un ruolo di primo piano la Poiana (Buteo buteo), lo Sparviero (Accipiter gentilis), il Picchio verde (Picus viridis), il Picchio rosso maggiore (Dendrocopos major), il Martin pescatore (Alcedo atthis), ecc. Tra gli anfibi più interessanti, merita segnalare la bella e rara Salamandra pezzata (Salamandra salamandra gigliolii) e l'endemica Salamandrina dagli occhiali (Salamandrina terdigitata). Il vastissimo mondo degli invertebrati merita di essere ricordato, in particolare per due splendidi insetti: la Farfalla del corbezzolo (Charaxes jasius) ed il Cerambice del faggio (Rosalia alpina).

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La catena dei Monti Martani, per la sua posizione quasi di spina dorsale dell'Umbria, rientra molto probabilmente nel grande percorso di crinale appenninico, uno dei principali usati nella preistoria negli spostamenti umani lungo la penisola.Le tracce di frequentazione provenienti dalla fascia collinare e pedemontana indicherebbero l'esistenza di aree privilegiate rappresentate dalle terrazze fluviali di alcuni corsi d'acqua.

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Nell'eneolitico e nell'età del bronzo tendono ad essere interessate anche le alture. Nell'età del ferro si  definiscono gli ambiti territoriali dei vari popoli umbri e si osserva un'organizzazione territoriale cellulare "pianificata". Una cellula meridionale gravitava intorno a Monte Torre Maggiore, una centrale intorno a Monte il Cerchio e una settentrionale sul Monte Martano. I Monti Martani appaiono perimetrati da vertici rilevati di controllo; si tratta di siti di sommità costituiti da recinti eretti a macera, a volte difesi da uno o più fossati.

SITI

ARCHEOLOGICI

Carsulae sorge, ai piedi dei Martani centro - meridionali,  in una vasta pianura travertinosa assai idonea alla coltivazione della vite (Plinio, NH, XVII,213) e con le sue sorgenti termali doveva essere un luogo scelto per soggiorni di riposo e per l'edificazione di ville rustiche. Strabone (V, 210) ne ricorda l'ubicazione sulla via Flaminia. Era ascritta alla tribù Clustumina. Tacito (Hist., III, 60) ricorda qui un episodio della guerra tra Vespasiano e Vicellio. Nel '700 furono eseguiti alcuni scavi, ripresi poi negli anni'50 dalla Soprintendenza Archeologica dell'Umbria.

Sul M. Torremaggiore dalla fine del VI se. a.C. è attestato un luogo di culto che rappresentava, probabilmente, il centro religioso delle popolazioni italiche stanziate nei villaggi pedemontani, di cui gli insediamenti di Cesi e di S. Erasmo rappresentano una continuità e che sono attestati anche ad esempi dalla Necropoli databile tra il IX e VII sec. a.C., rinvenuta nel secolo scorso nei pressi di Cesi. In età repubblicana, con la definizione dei tracciati della Flaminia  e dell'Amerina, vengono meno le ragioni   dell'esistenza  dei centri sommitali; convivono insediamenti pedemontani aggregati a ridosso delle ramificazioni della Via Flaminia e insediamenti rustici. Il processo di urbanizzazione portò alla fondazione della città di Carsulae.

 

La parte occidentale dei Martani, dopo l'età romana, è stata sempre diffusamente abitata per la presenza della Via Flaminia, che veniva conservata come collegamento territoriale primario e di altre due direttrici alternative, quella della Via Amerina che servì da ossatura per il mantenimento dei contatti di quello che si suol definire il "corridoio bizantino" tra Roma e Ravenna, e quella della "Salara" che serviva da alternativa alla Flaminia.

La Via Flaminia è rimasta ben leggibile, mentre le altre due dovevano incontrarsi presso quel Vicus Martis il cui insediamento, ubicato in S. Maria in Pantano nel 380 d.c., si andò portando sempre più a nord fino a quella "Martana" che doveva essere l'avamposto dei feudatari di quelle terre che ricadono in gran parte sotto l'unico nome altomedievale di "Arnolfe", e ricostruita nel 1242 dalla Famiglia dei Bonaccorsi di Massa.

VALENZE

 

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Massa, il cui significato è quello d'un insieme di ville agricole, doveva essere, intorno al X sec. la maggiore tra le masse, ma non aveva le mura che le furono concesse solo nel XIV sec. da Todi.

Nel 1227 si ritrova il curioso affidamento di Sangemini al mancato re di Gerusalemme, il crociato Giovanni di Bryenne.

Acquasparta apparteneva all'Abbazia di Farfa, poi al Vescovo di Todi ed infine la si ritrova in mano alla Camera Apostolica.


A Montefalco nel 1306 Papa Giovanni XXII aveva stabilito un rettorato per lo spoletino e realizzato un palazzo della Santa Sede. Sulla facciata di S. Bartolomeo c'è uno stemma di Federico II, memoria della breve parentesi ghibellina di Montefalco.

Gran parte della fascia occidentale dei Martani diviene ducato della famiglia Cesi nel 1585 con bolla del Papa Sisto V.

Il settore orientale e meridionale dei Martani fu dominato da Spoleto e Terni. Spoleto, già dai tempi del Ducato Longobardo fu la città principale dell'Umbria fino al XVI sec. (Perugia veniva ancora inclusa nella regione Toscana).

Una serie di castelli da Montemartano a La Costa appartenevano a Spoleto, un'altra tra Scoppio e Messenano appartenevano alle terre Arnolfe. Terni non fu molto fortunata nel dominio dei Martani. La città è molto vicina alla montagna che però si presenta sul versante ternano molto impervia. Le pendici dei monti (Piedimonte) vennero occupate da numerose chiesette; alcune torri servivano a tenere sotto controllo il versante meridionale della catena montuosa.

 

 

  STORICO - ARTISTICHE

Sul versante sud-occidentale dei Martani si trova l'Eremita, un convento fondato nel 1213 da S. Francesco d'Assisi che abitò per un certo periodo in una grotta nei pressi di una chiesa che gli aveva donato il vescovo di Spoleto, probabilmente la cappellina di S. Caterina decorata poi con affreschi della scuola di Benozzo Gozzoli. L'attuale chiesa riproduceva la Porziuncola di Assisi. Vi alloggiò S. Bernardino, la cui cella divenne poi cappella (vi si conservavano varie reliquie tra le quali il sangue delle stigmate di S. Francesco).

Quasi sul crinale dei Martani settentrionali, a 1090 m., sorge l'ex Abbazia di S. Pietro in Monte, molto rimaneggiata attraverso i secoli; si presenta oggi come un rifacimento su cospicui resti di grandiose strutture. Nella cappella attigua   si conserva un cippo romano, con iscrizione, che sosteneva la mensa d'altare della chiesa.

Ai piedi dell'estremità settentrionale della catena troviamo il paese di Giano. Giano faceva parte del Vicariato della Normannia e fu ceduto a Spoleto nella seconda metà del XIV sec. Possiede tre cinte murarie secondo le progressive espansioni. Il nucleo più antico era circolare ed ancor oggi dotato della piazza e degli edifici maggiori raccolti come in una vera acropoli. La chiesa di S. Maria delle Grazie ha un'abside gotica su cui poggia il campanile. Fuori delle cinte murarie si trovano le chiese di S. Biagio del 1680 e di S. Francesco menzionata nel 1334.

Sul fianco orientale dei Martani centrali sorge S. Severo, castello ancora leggibile nei due nuclei del forte e del borgo. Ha la parrocchiale dell'XI e XII sec. Ha affreschi del XV e XVI sec. e due caratteristici cibori del '500.

Più a sud ci sono i castelli di Ocenelli (parrocchiale del XIV sec., dedicata a S. Giovanni, con sculture di grande pregio; la Madonna del Perdono è conservata alla Curia di Spoleto), La Costa (nei pressi romitori medioevali completamente affrescati), Messenano (pieve romanica dedicata a S. Apollinare, caratteristica, se non unica, per le nicchie esterne che possiede tutt'intorno). Nei pressi del villaggio fortificato di Firenzuola sorge la bella pieve romanica di S. Maria in Rupino del XII sec. con portico del 1481. L'abside è stato interamente affrescata nel XVI sec. Recenti lavori di restauro hanno riportato alla luce un vasto ambiente semicircolare pertinente ad un edificio d'età romana.

Nel settore centrale della catena è il paese di Macerino, menzionato nel 1093 come centro delle terre Arnolfe. La chiesa di S. Biagio è servita per addossarvi il Mastio.

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